Il sogno della macchina da cucire
“Tra poveri bisogna aiutarsi”, mi ripeteva sempre la nonna, “perché se aspettiamo che siano i ricchi a soccorrerci nel bisogno, stiamo freschi”.


Bianca Pitzorno
Bianca Pitzorno (Sassari, 12 agosto 1942) è una scrittrice, autrice televisiva e traduttrice italiana. Celebre soprattutto come autrice di romanzi per ragazzi, dal 2000 è anche ambasciatrice UNICEF.
In un paese italiano non meglio precisato di fine ottocento vivono un’anziana sarta e la sua giovane nipote. Sono poverelle ma possiedono la ricchezza di un mestiere, quello della sarta, molto richiesto all’epoca quando ancora non esistevano i grandi magazzini o la produzione in massa di abiti. Le famiglie più abbienti avevano l’abitudine di far confezionare a mani esperte abiti e corredi, riservando molto spesso una stanza della loro casa a questo scopo.
Rimasta orfana della nonna, la sartina ne eredita il mestiere ed entra nelle case delle famiglie più ricche di G. per offrire i suoi servizi, la sua esperienza e la sua onestà. Non ha molto altro da offrire ma sono doti molto apprezzate e spesso, più della bravura con ago e filo, le procurano un lavoro e le assicurano un tenore di vita più dignitoso rispetto alle donne del suo rango. In ogni capitolo la sartina ci parla dei suoi datori di lavoro e della vita tra le loro mura di casa, non dà mai giudizi ma accetta come dato di fatto le loro differenze sociali senza quindi abbandonarsi in stizzosi commenti suggeriti dall’invidia.
E forse è proprio questo pregio ad essere anche un difetto. Dal momento che la realtà è vista con gli occhi della sartina, c’è sempre una rassegnazione latente alla propria condizione che getta un’ombra anche sui pochi momenti di soddisfazione e riscatto. Inoltre sono stata tratta in inganno dal titolo e mi aspettavo che l’emancipazione della sartina, quel salto di qualità che ci si aspetta dalle storie a lieto fine, dipendesse proprio dall’acquisto di una macchina da cucire. Purtroppo non è così e sono rimasta un po’ delusa.
In realtà penso sia colpa della mentalità odierna secondo cui noi donne veniamo considerate emancipate solo se facciamo cose eccezionali. La sartina non fa cose straordinarie per il mondo in cui vivo, ma sicuramente saranno state tali per l’epoca in cui è vissuta lei. Si è guadagnata da vivere da sola, ha studiato, si è sposata ed ha trovato il modo, nonostante tutto, di coltivare le sue passioni. Probabilmente è solo una questione di sensibilità, purtroppo però non sono riuscita a cogliere la forza della sartina e non sono riuscita ad entusiasmarmi alle vicende in cui, suo malgrado, viene coinvolta.
Le pagine finali sono riservate alla sartina, è lei stessa che racconta gli anni della sua maturità ma lo fa con sguardo distaccato e privo di dolcezza: è felice, è soddisfatta o solo rassegnata? Non si capisce, sembra vivere la sua intera vita da spettatrice e questo non aiuta ad entrare in simpatia con lei.
Mi dispiace non essere riuscita a cogliere tutte le sfumature che, quasi sicuramente, me l’avrebbero fatta amare!
