L’enigma della camera 622
“La vita è un romanzo di cui già si conosce la fine, il protagonista muore. La cosa più importante, in fondo, non è come va a finire, ma in che modo ne riempiamo le pagine. Poichè la vita, come un romanzo, deve essere un’avventura e le avventure sono le vacanze della vita”


Joël Dicker
Joël Dicker è nato il 16 giugno 1985 a Ginevra, figlio di una bibliotecaria e di un insegnante di francese, pronipote dell’avvocato e politico di estrema sinistra Jacques Dicker (1879-1942), ebreo russo emigrato in Svizzera e naturalizzato nel 1915. Dicker è cresciuto a Ginevra, frequentando il Collège Madame de Staël, senza tuttavia essere molto attratto dagli studi. All’età di 19 anni ha preso lezioni di recitazione all’accademia di arte drammatica Cours Florent di Parigi. Un anno dopo è tornato a Ginevra per studiare legge presso l’Università di Ginevra, laureandosi nel 2010.
Joël Dicker è nelle Alpi svizzere per una vacanza, una pausa dall’ultimo libro appena scritto che gli ha prosciugato le energie e l’ha allontanato dalla fidanzata. È nella 623 alla palace di Verbier, un hotel che sembra nascondere alcuni segreti a partire dal più semplice: la stanza 622 non esiste più. Semplice errore, scaramanzia o c’è qualcosa sotto?
Questo è il punto di partenza per Joël e la sua nuova compagna di avventure, Scarlett, una ragazza di Londra, che come due detective scaveranno nelle vite di tutto coloro che gravitarono attorno alla camera 622 e al suo inquilino. Si, perchè in quella camera ci fu un omicidio, proprio durante il Grand Week-end della banca più prestigiosa della Svizzera: la banca Ebezner. Piano piano lo Scrittore, come ama definirlo la sua compagna Scarlett, inizia a indagare sul passato della banca e di tutti i membri coinvolti riposando a galla il loro passato e le loro storie.
Inizia così una struttura che ricorda il sistema delle scatole cinesi, la storia di Joël e Scalett si unisce a quella di Macaire Ebezner, Lev Levovich e Anastasia Ebezner e tutti coloro che gravitavano loro intorno. Un intreccio stretto e complicato, che gioca su piani diversi su n presente e diversi passati.
Sullo sfondo anche la presenza dell’editore di Joël, Bernard de Fallois, che compare come un padre dispensatore di buoni consigli, come solo un bravo editore sa essere.
Un romanzo dai mille colpi di scena, come solo quelli di Dicker lo sanno essere. Joël intrerpreta se stesso nel suo ruolo di scrittore e fa quello che sa fare meglio: scrive una storia, partendo da un semplice fatto. L’hotel in cui sta soggiornando non ha più la camera 622, perché? È da questa semplice domanda che parte tutto: mille storie appartenenti a passati diversi che si inseguono tra le pagine di questo mattone (chi conosce Dicker sa che non scrive libri sottili), aprendo a mille scenari ricchi di colpi di scena sorprendenti. Unico elemento negativo: una voglia irrefrenabile di colpire ripetutamente il lettore, che si trova a stravolgere le sue intuizioni pagina dopo pagina, forse esagerando un po’ con i colpi di scena.
La sua scrittura è su un altro livello, è intrigante e pulita, è capace di svelare con una lentezza straziante ogni piccolo granello di verità in questo mistero e tenere il lettore incatenato alle pagine.
Altro elemento a metà è il grande tributo che lo scrittore ha dedicato al suo editore: da un lato è ammirevole e dimostra un attaccamento fortissimo nei confronti di questo grande uomo. È un omaggio pieno di amore e devozione ma forse non strettamente legato a tutto il resto della storia.
Forse vi starete chiedendo come mai la mia votazione sia cosi bassa nonostante io ami questo scrittore. Ho letto quasi tutti i libri di questo autore (ho skippato solo Gli ultimi giorni dei nostri padri) e rispetto agli altri ha qualcosa in meno. Nonostante tutto resta uno di quei fenomeni di cui, parafrasando le parole di un libraio, “ne nasce uno ogni centro anni”.
