Pista nera
Il passato è un morto il cui cadavere non la smette mai di venirti a trovare. Di notte come di giorno. E la cosa ti fa pure piacere. Perché il giono che il passato non dovesse più farsi vivo a casa tua, significa che ne fai parte. Sei diventato passato.


Antonio Manzini
Antonio è un attore, sceneggiatore, regista e scrittore italiano.
Lavora prevalentemente come attore cinematografico e televisivo. In TV ha interpretato fra gli altri ruoli l'”ispettore Tucci” in Linda, il brigadiere e… e “Serpico” in Tutti per Bruno.
“Quanto avrebbe ancora retto in quella città? Non c’era niente che gli appartenesse. Tutto Rocco Schiavone era a Roma. Lo era da 46 anni.”
Quando il cellulare del Vicequestore di Aosta squilla non è mai per questioni di piacere.
Rocco Schiavone ha una sua personalissima scala di valutazione delle rotture di co***i che la vita insensibilmente gli consegna ogni giorno e parte dal sesto grado fino ad arrivare al decimo.
Quella mattina, quando l’agente D’Intino si mette in contatto con lui è per rifilargli la peggiore delle rotture di co***i, una di decimo grado cum laude: il caso sul groppone.
L’agente Pierron – ragazzo di montagna con il vizio di fumare le Chesterfield che tanto fanno storcere il naso al Vicequestore – è già in Rue Piave ad attenderlo quando Schiavone scende da casa in piena notte per recarsi sulle piste di Champoluc, dove è stato trovato il corpo di un uomo. Un gatto delle nevi, uno di quei grossi cingolati che lavorano le piste, gli è passato sopra rendendolo irriconoscibile.
Stretto nel suo Loden e con le sue amate Clarks ormai da buttare, Schiavone indaga tra le piste innevate del Monte Rosa e le fredde strade di Aosta, dove è stato mandato in esilio ad espiare le sue colpe dal commissariato Cristoforo Colombo di Roma. Chiederlo a Rocco Schiavone è fuori discussione.
Il Vicequestore è una persona schiva fino a rasentare la maleducazione, cinica e corrotta.
Cresciuto nei quartieri popolari di Roma, se non avesse fatto il poliziotto sarebbe finito a fare il ladro ma non avrebbe mai dato un simile dispiacere a suo padre. Lui odia il suo lavoro e non lo fa per spirito di giustizia, ma perché gli riesce bene. E comunque non aveva alternative.
Penso che in fondo tutti noi vorremmo un po’ essere Rocco Schiavone, fare le cose come ci gira di farle senza dare troppo peso alla morale, ai giudizi o senza preoccuparci di apparire sempre politicamente corretti. Rocco Schiavone non è una brava persona e non gli importa di esserlo. Non lo è verso i colleghi e non lo è nemmeno con se stesso. Ma le persone non sembrano dare peso agli spigoli del suo carattere come se fossero in grado di leggere oltre la cortina scostante dietro cui si nasconde.
Il libro di Manzini funziona perché c’è Rocco Schiavone e, in quanto voce narrante, conosciamo gli altri personaggi del libro attraverso il suo personalissimo punto di vista, cinico ed a volte spietato. Inoltre la prosa scorrevole di Manzini, lo stile essenziale e privo di fronzoli rende la lettura molto piacevole e regala qualche ora di spensierato svago. Ne vale davvero la pena e lo amerete, ve lo garantisco!
